NETTUNO
Non perché congiurati Affrico e Coro contro’l
famoso Enea s’armin di sdegno;
non perché venga Giove al mio gran regno,
per Europa gentil cangiato in toro.
Ma per mirare entro le tosche sponde,
tra i bei soli di flora il chiaro figlio
del gran Sarmato rege aprire il ciglio,
io, monarca del mare esco dall’onde.
Meco venite, e con sonore voci,
numi dell’acque, reverite in pace,
chi vinse in guerra il Moscovita, e’l Trace,
e servi rese i Tartari feroci.
Del nobil regno inrigator sovrano,
tributario a me fido a te conviensi
Vistola di cantare i preg’immensi,
onde lieto festeggia il re toscano.
VISTOLA FIUME
O, degl’humidi regni reverito signore,
a dire i pregi De’gloriosi regi,
Non han trombe quest,acque,
Ben che d’alto desio n’avamp’ il core,
si tace, e ne sospira sol di Febo la lira,
di questo invitto Marte,
che l’universi ammira
può dir le glorie in parte,
e di fama immortale empier le carte.
Noi di quest’onde al suono
a lui chiedremo intanto,
ch’appaghi i desir tuoi
col suo bel canto.
CORO DEI NUMI DELLE ACQUE
Biondo Dio del bel permesso,
movi spesso d’auree corde un suon
dolcissimo, e concorde l’armonia
sempre sia al valor del re fortissimo.
DUO
Tra gl’ardori,
tra i sudori di Bellona,
tessi al crin bella corona,
fa sentire o nume amabile,
di sua gloria il suon mirabile.
TRIO
Fa non meno
dal bel seno mentre tace
fiera tromba in lieta pace,
fa sentire o nume amabile,
di sua gloria il suon mirabile.
NETTUNO
Poscia che’l cielo e ‘l mare oggi destina
all’alto tuo valore eguale impero
piacciti d’ascoltar, come Ruggiero
gl’amori abbandonò dell’empia Alcina.
Per andar di sua sposa al fido amore
sprezzò dell’empia Maga il vil sembiante.
Magnanima virtù di Regio amante
fia spettacol giocondo al Regio core.
CORO DEI NUMI DELLE ACQUE
Biondo Dio del bel permesso,
movi spesso
d’auree corde un suon dolcissimo,
e concorde l’armonia
sempre sia
al valor del re fortissimo.
SINFONIA
MELISSA
Cosi perfida Alcina,
con mentita beltade
d’un’ ingannevol volto
credi tener sepolto tra’ tuoi nefandi ardori,
quel fior d’ogni guerriero,
quell’invito Ruggiero
eletto a riportar si chiari allori?
Così terra, che vane
sian le promesse mie,
l’alta donzella;
e della stirpe gloriosa e bella
non usciranno i destinari, eroi?
No, no s’io son Melissa,
faro contenti a pieno,
O fida Bradamante
i desir tuoi.
CORO DI DAMIGELLE
Qui si può dire,
che del gioire
ponesse amor la sede.
Il Dio del giorno girando intorno
coppia simil non vede.
UNA DAMIGELLA
Potente Alcina
di noi regina
d’amor trionfa, e godi.
ALTRA DAMIGELLA
Tra queste piante
tuo vago amante
stringi tra mille nodi.
DUE DAMIGELLE
Gentil Ruggiero
d’amor guerriero,
ben ti puoi dir beato.
TRE DAMIGELLE
Servo d’amore
trapassa l’ore
al tuo bel sole allato.
TUTTO IL CORO
Trapassa l’ore
al tuo bel sole allato.
RUGGIERO
Quanto per dolce, e mia beata sorte
t’adoro anima mia, tanto ti devo,
ben ch’io viva per te ferito a morte,
ma tu cor mio non senti,
quai pene, e quai tormenti
da gl’occhi tuoi saetti il vago arciero.
Ogni sguardo è ferita,
misera la mia vita
se le dilette, e belle
luci divine stelle
cagion del mio languire
non sapesser sanar come ferir.
ALCINA
Ah, non ti prender gioco gentilissimo amante
di chi per te si strugge in vivo foco.
Non ha questo sembiante
parte, che pure a sospirar t’alletti.
Parli lo specchio mio, là dove impressa
d’ogni bellezza priva
ho per costume di mirar me stessa.
RUGGIERO
Taci, che sol nel cielo,
nel sole, e nelle stelle
puoi vagheggiar le tue sembianze belle,
ma se prendi diletto
di rimirar quaggiù
quel che tu sei,
lascia il vetro mendace
aprimi‘l petto, diran gl’incendi miei,
dirà quivi’l tuo volto,
ch’io porto in seno un paradiso accolto.
ALCINA
Vinca signor tua cortesia nativa,
com’io son grata a te, son bell’ancora,
Pur ché d’Amor la face
accesa regni nel tuo petto ogn’ora,
Pur ché la fe, la pace
eternamente nel tuo cor si viva,
sarò qual più ti piace,
o stella, o sole, o l’amorosa diva.
RUGGIERO
Cor mio, per tua bellezza,
arderò mentre vivo,
nudo spirto arderò di vita privo,
cor mio, per tua bellezza,
di fede esempio, e di costante ardore,
ecco la destra, e nella destra il core.
ALCINA
Dunque di pari foco eternamente,
arda il nostro desio,
ch’esser non può dolente,
chi ferme amando il faretrato Dio.
UNA DAMIGELLA DEL CORO
Quando Amor l’arco vuol tendere,
nulla vale.
Cor di pietrà in sen durissimo,
chi da lui si vuol difendere,
sente strale,
per cui versa un pianto asprissimo.
ALTRA DAMIGELLA
Furon saggi, a tosto cedere,
vostri cori
agli sguardi che saettano.
Godete or tra i mirti, e l’edere
vostri amori,
mentre l’aura e’l rio, v’allettano.
ALCINA
Rimanti, o mio signore,
tra queste piaggie amene,
mentr’io n’andrò, se tu no’l prendi a sdegno,
alle cure del regno.
Havrai mille diletti:
qui di vaghe augelletti
son le campagne piene,
qui di ninfe, e pastori
s’odono i lieti amori,
e di cigni, e sirene
dolci canti, che ponno
Argo sforzar al sonno.
RUGGIERO
Vane, vane, felice
regina de gl’amori,
tra gl’odorati fiori
di questo ameno prato,
fia da me disiato
il tuo ritorno,
qual fredda piaggia suole
i caldi rai del sole.
DUE DAMIGELLE
Aure volanti,
augei canori,
fonti stillanti,
grazie ed amori,
quinci d’intorno
fate più chiar’il sole
più lieto il giorno.
TRE DAMIGELLE
Antri gelati,
fulgido sole,
erbosi prati,
gigli e viole,
quinci d’intorno
fate più chiaro il sol,
più lieto il giorno.
RUGGIERO
O quanto è dolce amar beltà pietosa.
Amor a suo talento
altrui mova pur guerra.
Non darà mai tormento,
se nell’amanto ben pietà si serra.
Io ch’in rara beltade
trovai bella pietade,
senza spine d’amor godo la rosa.
O quanto é dolce amar beltà pietosa.
PASTORE, CHE RACCONTA I SUOI AMORI
Per la più vaga, e bella
terrena stella,
ch’oggi oscuri di Febo i raggi d’oro,
mio core ardeva,
Amor rideva,
vago di rimirare il mio martoro.
Ma d’avermi schernito
tosto pentito
con la pietà di lei mi sana il petto,
ond’io sò fede,
a chi nol crede,
ch’amore è solo il dio d’ogni diletto.
RUGGIERO
O felice pastore,
chi non sente al tuo canto
rinnovellare al sen fiamma d’amore,
ben ha di ghiaccio e di macigno il core.
SIRENA
Chi nel fior di giovinezza
vuol gioir d’alma dolcezza,
Amor segua,
che dilegua
ogni noia, ogni dolore.
Segu’Amore, segu’Amore,
chi nel fior di giovinezza,
vuol gioir d’alma dolcezza.
RUGGIERO
Deh qual nelle belle onde
dolcissima sirena
con armonia celeste i sensi affrena?
O monti, o piaggie, o selve
augei volanti, e belve
udite i dolci accenti.
Tacete fonti e voi tacete o venti.
SIRENA
Chi desia di vago riso
far giocondo, e lieto il viso,
prenda gioco
di quel foco,
che soave accende un core.
Segu’amore, segu’amore,
chi desia di vago riso
far giocondo, e lieto il viso.
Chi nel corso di sua vita,
pace vuol sempre gradita
goda, e taccia,
ne gli spiaccia
trarre amando i giorni e l’ore.
Segu’amore, segu’amore,
chi nel corso di sua vita,
pace vuol sempre gradita.
MELISSA
Ecco l’ora, ecco il punto
da trar di servitù l’alto guerriero,
ecco il giorno fatale omai ch’è giunto,
sorgi, sorgi Ruggiero!
RUGGIERO
Qual’importuna voce
disturba i miei riposi?
MELISSA
Impudico Ruggiero,
dov’è l’invitta spada,
dov’ è il lucido acciaro,
che ti rendeo si chiaro?
Rimira, di quai fregi,
di quai profani carmi
hai maccchiate quell’armi?
“Ruggiero il vincitore
sagra ad Alcina il cor, l’armi ad amore.”
Togli, folle che sei,
alle braccia guerriere,
et al collo viril monili e vezzi,
lascia l’iniqua maga,
e muovi ad affrontar nemiche schiere,
se la bell’alma ancor di gloria è vaga.
RUGGIERO
Lasso me ché pur troppo
conosco il mio fallire,
ma no’l vorrei mirar senza morire.
Fierissimo dolore,
asprissimo tormento,
che quinci intorno al core
la vergogna accrescete e’l pentimento,
fatemi guerra ogn’ora,
agitatemi voi tanto, ch’io mora.
MELISSA
Andiam veloci all’armi,
ove a gloria si corre,
un breve indugio un grande onor può torre.
UNA DELLE PIANTE INCANTATE
Ruggier de danni asprissimi
di queste piante flebili,
deh senti al cor pietà.
Noi resterem mestissimi,
e d’ogni speme debili,
se tua virtù sen va.
CORO DELLE PIANTE INCANTATE
O quanto merto, o quanto
di lode havrai, s’acqueti il nostro pianto.
RUGGIERO
O miserabil vita!
Se’l soffrire è virtute,
ben meritate voi lod’infinita.
UNA DELLE PIANTE INCANTATE
Fanne quinci rimovere,
e’l piè lasso disciogliere
da chi ti liberò.
La scorza egli può movere,
e gl’aspri nodi sciogliere,
ond’altri le ne legò.
CORO DELLE PIANTE INCANTATE
O quanto merto, o quanto
di lode havrai, s’acqueti il nostro pianto.
MELISSA
Consolatevi, o piante,
chi più languisce o teme.
Ravvivi oggi del cor la morta speme.
Per la salute vostra contro l’iniqua Alcina,
oggi combatterà la virtù nostra.
CORO DELLE PIANTE INCANTATE
Itene lieti,
mentre noi qui
solinghi e cheti
trarremo il di,
pregand’ogn’ora
ch’arrivi l’ora di libertà.
Su’l vil terreno
movremo il piè,
ponendo il freno
a chi ne’l diè,
lieti cantando,
e disprezzando chi ne tradì.
UNA DELLE PIANTE INCANTATE
Lasso, qual vista atroce
si mostra a gl’occhi miei.
Ecco la crud’e fera
dispietata megera,
ecco colei che ne rende infelici
meco tacete ormai fedeli amici.
CORO DI DAMIGELLE
O bei pensieri volate,
alla beltate, che il Ciel innamora.
Là vè s’infiora più vaga l’erbetta.
Ivi n’aspetta.
Pronti desiri, correte,
dite, che liete venghiamo cantando.
Là vè vagando trà dolci concenti,
scherzano i venti.
ALCINA
Qui lasciai la mia vita,
mà dov’ora s’asconda,
Chi di voi, ramo o fronda,
chi di voi vaghi fonti a me l’addita?
Deh perche veggio in terra
giacersi in abbanono
si caro a mio bel sole ogni mio dono?
Lassa, ch’in queste spoglie
scorgo l’altrui fallire.
Antivedo il mio pianto, e’l mio morire.
UNA DAMIGELLA
Non ti languir Regina.
Forse con si bell’arte
quinci trà folti rami
vorrà, far prova il tuo Ruggier, se l’ami.
Mà quale, ohime vegg’io (segno d’augurio rio)
venir à te la tua fedele Oreste
con l’alme guancie scolorite e meste?
NUNZIA
Non sò qual sia maggiore,
lo spavento, o’l dolore
che per te mia Regina
m’ingombra’l petto, e mi trafigge il core.
Odi strano successo :
Io me ne gia, là dove
al fonte del cipresso
pendean del tuo bel sol l’armi famose.
Tra quelle piante ombrose
viddi Ruggiero, e seco
uom di canuto aspetto,
ch’armone il giovinetto;
indi poscia il consiglia
ad imprese magnanime e guerriere.
Ma senti, oh meraviglia,
io vid’in un instante,
quel severo sembiante
trasfigurarsi in maestevol donna,
che disse, “io son Melissa,
ancor ch’a gl’occhi tuoi sembrasse Atlante.”
Qui volle Bradamante,
ch’à te venissi a volo
per ricordarti solo
l’amor suo, la sua fede,
e che non devi in vil piacer sommerso
quella sprezzar, che’l proprio cor ti diede.
ALCINA
Che disse allor Ruggiero?
Ahi, che per mille prove
sò, quanto vario sia l’human pensiero!
NUNZIA
Tutto lieto, e ridente
come a madre si deve,
a lei pronto inchinossi, è reverente,
poi con sì vivo affetto
di Bradamante sua chiese novella,
che si vidde in quel petto
per quella vagha, e bella
chiuders’in quell’instante un Mar di foco.
Quando lo vidd’intento
a volersi fuggire,
qua venni in un momento,
acciò che tù vietassi il suo partire.
ALCINA
Ahi, Melissa, Melissa,
sol da te riconosc’ogni mio male.
Perfida, ancor sicura
da te non sono entro‘l mio proprio albergo?
UNA DAMIGELLA
Ecco Ruggiero a noi bella Regina.
Or vedrem quanto puote
con dolce lacrimar beltà Divina.
ALCINA
Ferma, ferma crudele.
Dove ne vai spietato,
dove mi lasci ingrato in preda ‘l pianto?
Raffrena almen cotanto
la furia del partire,
che l’immenso dolor l’anim’ancida.
Rimira‘l pianto mio, senti le strida,
senti le mie giustissime querele.
RUGGIERO
Alcina, il pianto affrena,
e se dolorti dei,
piangi i tuoi tradimenti, ei falli miei.
ALCINA
Deh se non hai pietà del mio languire,
muovati il tuo fallire.
Sai pur, qual macchia inestinguibil sia
in nobil cavaliero il tradimento.
ALTRE DAMIGELLE
O ferità di Tigre, o cor di pietra
a supplichevol donna, a donn’amante,
la più fida e costante,
che spargesse già mai sospiri, o preghi
ancor pietà tu nieghi, e neghi pace.
ALCINA
Ditemi, o cieli voi, poi ch’egli tace,
dite, qual’è maggiore :
l’ostinata sua voglia, o il mio dolore,
che null’ancor da quel crudele impetra?
ALTRE DAMIGELLE
O ferità di Tigre, o cor di pietra.
ALCINA
Così condisci ingrato
d’amarissimo fele
ogni dolcezza, ogni gioir passato?
Per questa tua fedele,
che’l cor ti diede, e’l regno
non fai d’amore un segno e neghi pace?
A che tanto rigore e tanto sdegno?
Amor tu vedi, amore,
quanto sian vilipesi
gl’atti cortesi, e l’immortal faretra.
O ferita di Tigre, o cor di pietra.
RUGGIERO
Deh! Taci omai, troppo d’Amore amica,
noiosa agl’occhi miei più che la morte.
Di fede e di pietà cruda nemica,
sù queste ignude arene
alle dovute pene,
ai meritati pianti
dolorosa per me sempre rimanti.
ALTRA DAMIGELLA
Ahi crudo, ahi discortese,
tanto ardir, tante offese
pagherai con la morte;
dilaterà le porte
allo sdegno, al furore;
odiar saprà, quant’amar seppe il core.
RUGGIERO
Pur quel noioso aspetto,
dagl’occhi miei s’è tolto,
teco parli il mio volto.
Poi ch’io non so ridire
l’infinito gioire
d’un cor libero e sciolto;
teco parli il mio volto,
in cui disvela il core
desio di gloria, e di pudico amore.
Ma tu, madre cortese,
pria che dar libertade
all’incantata qui misera gente,
muovi meco le piante in quella riva,
ove giace dolente
di sangue unito alla mia bella Diva,
entro un mirto frondoso
alto guerrier famoso.
MELISSA
Non solo il chiaro Astolfo,
ma quanti fur dell’empia Alcina amici
oggi saran felici,
felici ancor saran nobil donzelle,
che per dar libertade al caro amante
incantate restar tra queste piante.
ALCINA
Qual temerario core
alla vista di quest’ondeggianti
di foco atre tempeste
non sentirà di morte
il gelido timore,
proverai quanto vaglia
di tradita beltà l’ira e lo sdegno.
CORO DI MOSTRI
Proverà crudeltà,
di cui maggior non fu,
ne mai sarà.
UN MOSTRO
Fieri mostri,
d’ell’empia Dite
assalite,
dimostrate,
come punire
san le vostre ire,
che fe non ha.
CORO DI MOSTRI
Proverà crudeltà,
di cui maggior non fu,
ne mai sarà.
UN MOSTRO
Fieri mostri
a voi s’aspetta
la vendetta,
ancidete
a chi lo fede
alta mercede
Alcina dà.
CORO DI MOSTRI
Proverà crudeltà,
di cui maggior non fu,
ne mai sarà.
MELISSA
Rasserenate i cori,
alto volar del cielo,
e’l mio materno zelo
liberi vi trar ran da questi orori.
Perfida ancor hai fede ne’ tuoi fallaci incanti?
Fuggi, fuggi ti omai, empia sirena,
fuggi, e teco ne mena
odio, sdegno, e furore,
compagni inseparabili del core.
ALCINA
Fuggirò, fuggirò,
poch’al fato dispietato
constrastar non si può;
fuggirò, fuggirò.
ASTOLFO
E come ohimè dall’odioso regno
uscirem’ noi tra vive fiamme ardenti?
Con la maga crudel mostri e portenti
in guardia stan dell’incantate arene.
DAMA DISINCANTATA
Versate occhi, versate amarissimi pianti,
sin che’l ciel ne concede
i desiati prigionieri amanti.
S’altr’impetrar mercede
nel canto soavissimo,
noi nel pianto mestissimo,
che per gl’occhi distilla amore e fede,
forse ritroveremo un di pietate.
Occhi dunque versate amari pianti,
sin che’l Ciel ne concede
i desiati prigionieri amanti.
MELISSA
Non più, non più lamenti,
cessino i mesti pianti
e le querele.
Fuggi l’empia e crudele,
e seco va ocean’ d’aspri tormenti.
Non più lamenti.
Rasserenate omai,
vaghe donzelle, i lacrimosi rai.
CORO DI CAVALIERI LIBERATI
Ai diletti, al gioire,
chi mesto fu
non dica più
del suo languire,
ai diletti, al gioire.
TUTTO IL CORO CON MELISSA, RUGGIERO, DAME E CAVALIERI
Tosche del sol più belle,
tosche ch’ai mesti pianti
delle nobil donzelle
inumidiste le serene stelle,
ridete ora ai lor canti,
e se la gioia raddoppiar volete,
all’ alta fede lor fede apprendete.
NETTUNO
Inte för att vindarna Corus och Affrico
konspirerade emot den berömde Aeneas,
ej heller för att Jupiter kommer till mitt
stora rike förtrollad till en oxe för den ljuva Europa.
Utan för att häpna vid de Toscanska stränderna över att den strålande polske prinsen öppnar sina ögon bland Floras solar, stiger jag, havets monark, upp ur vågorna.
Kom med mig, havets gudar, och lovsjung med klar röst den som besegrade moskoviterna och tracerna samt de grymma tartarerna
Ädla bevattnare av mitt rike, du trogne bundsfövant, det passar dig, Wisla, att sjunga de stora lovsångerna till vilka det Toscanska kungariket gärna festar.